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Una versione a stampa di questo articolo compare in: Fiorini A., Esperienze di fotomodellazione e stereofotogrammetria archeologica, in Volpe G., De Felice G., Sibilano M. G. (eds.), Digitalizzare la pesantezza. L'Informatica e il metodo della stratigrafia, Atti del Workshop (Foggia, 6-7 giugno 2008), Bari 2008, pp. 175-186.



Riassunto

Nel presente contributo sono descritti i metodi di documentazione grafica dello scavo archeologico sperimentati nei siti di Mursia (Pantelleria, TP), Rontana (Brisighella, RA) e San Severo (loc. Classe, Ravenna). Sono illustrate, inoltre, le esperienze di rilievo architettonico effettuate presso la pieve di San Cassiano in Decimo (loc. Campiano, Ravenna) e il castello di Pianetto (Galeata, FC) (1). Dei metodi impiegati, che si basano sulla stereofotogrammetria e sulla fotomodellazione delle evidenze stratigrafiche, si approfondiscono, in particolare, alcuni aspetti: la rapidità (del procedimento), l’accuratezza (della misura), il contenuto informativo (della registrazione) e il costo (degli strumenti). Seguono alcune soluzioni per l’integrazione di questi metodi negli attuali standard di documentazione dello scavo archeologico. Si precisano, inoltre, le possibilità d’impiego degli elaborati per la comunicazione delle interpretazioni archeologiche (il processo di posa in opera degli elementi costruttivi, la stratificazione architettonica, le diverse fasi edilizie e gli assetti architettonici ipotizzati nei diversi periodi storici).

Parole chiave

PhotoModeler Scanner, archeologia, architettura, fotogrammetria stereoscopica, fotomodellazione.



1. Dal disegno manuale alla modellazione informatica

Piante, sezioni e prospetti rientrano nella normale documentazione analitica di ogni scavo stratigrafico (2). Il disegno manuale di questi grafici segue un insieme di regole mediante le quali è possibile rappresentare un oggetto tridimensionale su di un piano bidimensionale (il foglio). Il risultato finale consiste di una rappresentazioni in scala dell’oggetto, basata su dati di rilievo (spesso) diretto e completata a mano libera (3). Questo tipo di documentazione è caratterizzata da una forte componente di soggettività e da un consistente apporto di schematizzazione formale. Il rilievo planimetrico di uno strato si basa, ad esempio, sulla selezione dei punti utili alla restituzione grafica del perimetro e con risultati, pertanto, molto variabili (in termini di identificazione e quantità dei punti) a seconda dell’operatore. Con il rilievo manuale, inoltre, non è possibile registrare in modo esaustivo la componente tridimensionale (4) di strati e manufatti archeologici. Le sezioni o le planimetrie, con indicazione dei punti quotati, forniscono informazioni spesso parziali della morfologia. Quando, invece, la registrazione grafica si realizza sopra al fotopiano di una superficie di scavo, si pongono due problemi:


  1. 1)come recuperare l’informazione tridimensionale ignorata, per sua natura, dalla fotogrammetria monoscopica;


  1. 2)come migliorare la correttezza geometrica della rappresentazione quando la realtà è complessa e caratterizzata da una morfologia a forte componente tridimensionale.


Oggi, l’evoluzione dell’informatica ci mette a disposizione un rapido e potente mezzo di documentazione dell’oggetto: la modellazione tridimensionale (5). Con questa tecnica si ottengono copie percettivamente isomorfe dell’oggetto rilevato, grazie al trattamento di dati acquisiti con i dispositivi per la scansione tridimensionale o i sistemi di stereofotogrammetria. Dal modello è possibile ottenere le quote di qualsiasi punto, i tradizionali grafici (piante, sezioni e prospetti) e l’ortofoto (molto più accurata del fotopiano), utilizzabile sul campo come base per il disegno manuale. In linea teorica è quindi possibile superare i limiti delle tecniche di rilievo tradizionale e della fotogrammetria monoscopica.

Gli scanner laser 3d e i sistemi di stereofotogrammetria (6), così come successe qualche anno addietro con la comparsa sul mercato delle stazioni totali, sono attualmente al centro di un dibattito sul tema delle innovazioni nel procedimento di documentazione dello scavo stratigrafico. Alla luce delle sperimentazioni fino ad ora conosciute, crediamo non sia ancora ben delineato il ruolo di questi nuovi sistemi di documentazione. Anche se si possono intuire alcuni vantaggi in termini di rapidità (del procedimento), accuratezza (della misura) e contenuto informativo (della registrazione) è ancora da chiarire, attraverso sperimentazioni prolungate per tutta la durata di uno scavo, in quali contesti è più conveniente adottare queste forme alternative di documentazione (7). Il dibattito procede lentamente perché non esiste una base metodologica comune: ci sono cantieri di scavo dove non si richiede alcuna innovazione, in altri la stazione totale è ritenuta oramai indispensabile così come l’impiego della fotogrammetria monoscopica in alternativa alle tecniche di rilievo tradizionale, per arrivare ai rari casi di impiego più o meno sistematico di rilievi stereofotogrammetrici e scansioni laser (8). Non sembra esistere un procedimento condiviso e ciò dipende non solo dalle diverse esigenze o propensioni alla ricerca metodologica di chi dirige lo scavo, ma anche dal costo, ancora troppo elevato, di alcuni sistemi di rilevamento.



2. Modelli informatici per la documentazione delle unità stratigrafiche

Il modello della superficie di uno strato suggerisce le tre dimensioni della stratificazione, può essere utilizzato per mostrarne le relazioni fisiche, serve anche per ricostruire sezioni a posteriori e per elaborare ortofoto dalle quali ottenere piante quotate. Allo stesso modo, la modellazione della struttura architettonica (dai semplici paramenti, alle unità stratigrafiche, fino ai singoli elementi costruttivi) è utile per una serie di ragioni: fornisce una visione d’insieme dei volumi; garantisce una restituzione grafica più realistica delle unità stratigrafiche di cui è composta; offre la possibilità di costruire in automatico piante, sezioni, prospetti e assonometrie utili alla comprensione del processo di posa in opera degli elementi costruttivi; fornisce un quadro dimensionale completo (lunghezza, spessore, larghezza) di aggetti, modanature ed elementi decorativi non assimilabili ad un piano (9). Entrambi i modelli informatici possono poi essere utilizzati per elaborare strumenti di comunicazione delle interpretazioni archeologiche (10).

Sono 3, quindi, i principali punti di forza della documentazione tramite modellazione tridimensionale:


  1. 1)la possibilità di affiancare alle tradizionali soluzioni grafiche (i disegni) un tipo di documentazione relativamente nuovo (il modello informatico), ad alto contenuto informativo e dalle potenzialità analitiche ancora da circoscrivere (11);

  2. 2)consente di eliminare completamente la fase di rilievo diretto (riducendo in molti casi i tempi di sospensione dell’attività di scavo), in quanto si basa su foto e misure da stazione totale;

  3. 3)i grafici bidimensionali che si ottengono dal modello (piante, sezioni e prospetti) hanno una maggiore corrispondenza alle misure reali.



3. Esperienze di stereofotogrammetria con Eos Systems™ PhotoModeler® Scanner

Dal 26 giugno all’8 luglio 2008 è stato sperimentato il software Eos Systems™ PhotoModeler® Scanner per il rilievo stereofotogrammetrico di strutture e strati archeologici dell’abitato dell’età del Bronzo di Mursia (Pantelleria, TP) (12). PhotoModeler Scanner ha tutte le funzioni di PhotoModeler più la possibilità di ricavare da stereocoppie una nuvola di punti e un modello texturizzato della superficie. La restituzione è, quindi, identica a quella fornita dai dispositivi per la scansione tridimensionale o da altri sistemi di stereofotogrammetria, ma il costo dello strumento nettamente inferiore. Rimandiamo, comunque, ad altre occasioni la necessaria sperimentazione comparata di questi sistemi sul medesimo contesto applicativo.

Per verificare la possibilità di definire nuovi protocolli operativi incentrati sull’uso di PhotoModeler Scanner si sono considerati i costi del sistema, la sua versatilità, i tempi di ogni fase del procedimento, il numero di persone coinvolte e il contenuto informativo delle restituzioni ottenute. I risultati della sperimentazione hanno permesso di stabilire in quali situazioni è possibile scegliere questo sistema in alternativa alla normale documentazione analitica.

Le operazioni di rilievo sono state pianificate il 29 giugno con l’ausilio di una planimetria generale del sito, sopra alla quale si sono riportate alcune annotazioni: i momenti della giornata dove l’estensione e l’intensità delle ombre portate erano ridotte; i punti di presa fotografica; gli strumenti ausiliari per il rilevamento dei diversi oggetti (treppiede, scala, stazione totale e asta telescopica a doppia terminazione) in funzione del tipo di restituzione grafica che si voleva ottenere. L’indagine ha permesso di programmare le attività di rilevamento fotografico nelle prime ore della mattina (dalle 6 alle 7 ca.), periodo nel quale, sulla superficie di scavo, si registrava la presenza di una illuminazione dolce, diffusa, con assenza totale delle ombre portate. Per quanto riguarda i contesti documentati, si è deciso di coprire la più ampia casistica possibile: uno strato terroso, i resti di due capanne e una struttura interpretata come silos per la conservazione degli alimenti.

In questa sede, si descrivono le fasi del procedimento adottato per ottenere la restituzione tridimensionale, con resa fotografica della superficie, di una struttura interpretata come mortaio e rinvenuta nella capanna B7 (fig. 1).




Fig. 1 – Abitato dell’età del Bronzo di Mursia (Pantelleria, TP). Documentazione grafica del mortaio rinvenuto nella capanna B7. Per eseguire l’intera procedura di rilievo (dall’acquisizione dei dati alla restituzione grafica) si sono impiegati 95 min.



Per le attività di rilievo si sono impiegati due operatori, uno dei quali esperto in tecniche di documentazione tridimensionale. Le attività di rilievo si sono svolte il 7 luglio. La prima operazione di materializzazione dei punti di controllo (pdc) è durata 10 min ca. (13) Con l’ausilio di una scala di legno e una fotocamera Nikon D80 (corredata di certificato di calibrazione) si sono realizzate 4 prese fotografiche: una stereocoppia e due oblique.  Per quanto riguarda le foto stereoscopiche, non si è fatto ricorso a nessun tipo di supporto (treppiede, asta telescopica, ecc.), in quanto la flessibilità del software, rispetto ad altri sistemi in commercio, permette il trattamento di prese tra loro non perfettamente parallele (pertanto leggermente convergenti) e quindi non ortogonali alla base (distanza tra le fotocamere) (14). Anche la leggera differenza di rotazione delle fotocamere non ha determinato errori nella nuvola di punti. Il rapporto consentito tra la base di presa e la distanza dall’oggetto (Base to Height Ratio) è, infine, altrettanto flessibile (da 1/10 a 1/2): in questo caso il rapporto è stato di 1/5. Il rilievo fotografico è durato 5 min ca., la metà del tempo impiegato per misurare, con l’ausilio di una stazione totale, la posizione di 3 punti di controllo. Nel complesso, la fase di acquisizione dei dati di rilievo è durata 25 min ca., alla quale è seguita quella di scaricamento e archiviazione (20 min ca.) (15).

L’elaborazione dei dati con PhotoModeler Scanner è stata eseguita da un operatore con esperienza nelle tecniche di trattamento informatico. Dopo aver caricato i dati, si sono posti simboli di forma a X (Marked Point) in corrispondenza di tutti i pdc visibili nelle foto (tappi di bottiglia in plastica, dischi di plastilina e chiodi). Selezionando poi tutti i Marked Point che si riferivano allo stesso punto di controllo, si è conclusa la fase di identificazione delle corrispondenze tra le foto (detta anche Referencing). A questo punto, è stato possibile avviare il processo che calcola la posizione spaziale dei Marked Point (ora trasformati in Referenced Point) e misura la qualità del progetto (Final Total Error) (16). Ai Referenced Point corrispondenti ai punti di controllo si sono assegnate le coordinate misurate con la stazione totale. In questo modo, il modello ha assunto le dimensioni reali e la corretta posizione rispetto al sistema di quadrettatura dello scavo. In totale, la fase di elaborazione informatica dei dati di rilievo è durata 20 min ca.

Combinando entrambi i tipi di foto nello stesso progetto (stereocoppie e oblique), è stato possibile registrare molte informazioni sulla morfologia della struttura. Di alcuni punti significativi si è scelto, ad esempio, di ottenere la quota mediante l’individuazione e la marcatura della loro posizione su tutte le foto disponibili. Le prese stereoscopiche, invece, sono state utilizzate per estrarre in automatico una nuvola di punti (point cloud) equidistanti, con passo di mm 5. Dopo la rimozione di alcuni punti, la cui posizione era evidentemente errata, si è proceduto con la conversione della nuvola in una superficie composta da triangoli adiacenti e orientati nello spazio (PointMesh). Applicando sulla superficie il comando Fill holes è stato possibile chiudere tutti i buchi determinati da una mancanza localizzata di punti nella nuvola di partenza. Il numero dei triangoli è stato infine ridotto e la PointMesh convertita in una superficie di PhotoModeler (PhotoModeler Surfaces), sopra alla quale si è scelto di visualizzare le migliori foto a disposizione. Dal modello si sono infine estratti profili di sezione e l’ortofoto per il disegno della pianta. In totale la fase di restituzione grafica è durata 30 min ca. Per l’intera procedura di documentazione si sono, quindi, impiegati 95 min ca. (tab. 1).


Fase, Minuti

Materializzazione punti di controllo, 10

Prese fotografiche, 5

Rilievo con stazione totale, 10

Scaricamento dati e prima archiviazione, 20

Elaborazione dati, 20

Restituzione grafica, 30

Totale : 95 minuti


Tab. 1 – Fasi del procedimento adottato per ottenere diversi tipi di documentazione: la pianta, il profilo di sezione, l’ortofoto e la restituzione tridimensionale, con resa fotografica della superficie, di una struttura interpretata come mortaio.


Dalla comparazione delle distanze che esistono tra i tappi di plastica visibili nel modello con quelle corrispondenti, fornite dalla stazione totale, è stato possibile valutare il grado di perfezione raggiungibile nelle misurazioni (Accuracy) con gli strumenti di PhotoModeler. I risultati sono soddisfacenti: il residuo più alto è mm 7,7 (distanza tra due pdc: stazione totale m 0,5653, PhotoModeler m 0,573). Buono anche il livello di dettaglio formale delle superfici. In conclusione, il modello ottenuto offre un quadro dimensionale completo e accurato.


4. Esperienza di fotomodellazione con Eos Systems™ PhotoModeler®

Contemporaneamente alle esperienze di stereofotogrammetria, si sono sottoposte a test le tecniche di fotomodellazione per il rilievo dei singoli elementi che costituiscono le strutture archeologiche. Tutti i casi applicativi sono accomunati da una particolarità: i paramenti murari non sono assimilabili ad un piano e presentano alcune porzioni non raggiungibili dall’operatore. Per questo motivo, si sono sperimentate le tecniche di fotomodellazione in alternativa ai sistemi tradizionali (la fotogrammetria monoscopica e il rilievo manuale). Si è cercato, inoltre, di stabilire come poter utilizzare il prodotto della fotomodellazione, cioè superfici bidimensionali orientate nello spazio tridimensionale (corrispondenti alle facce degli elementi strutturali, prevalentemente laterizi), per: 1) elaborare ricostruzioni ipotetiche di assetti architettonici passati; 2) derivare i tradizionali grafici (piante, sezioni e prospetti); 3) implementare sistemi informativi del monumento. La procedura seguita è identica a quella sperimentata nel sito di Mursia eccezion fatta per la fase di generazione della nuvola di punti, opzione non disponibile nella versione base di PhotoModeler e comunque di scarsa applicabilità al rilievo accurato del perimetro di superficie.

Il rilievo di ogni elemento è di tipo selettivo (quindi simile a quanto accade nel rilievo diretto): in corrispondenza degli spigoli si collocano su tutte le foto i Marked Point; stabilite le corrispondenze si ottiene la loro posizione spaziale; gli spigoli sono, infine, collegati con una linea (monodimensionale orientata nello spazio tridimensionale) per ottenere il bordo e la superficie dell’elemento. Questa tecnica, rispetto al rilievo manuale, non offre vantaggi in termini di rapidità, ma consente di rappresentare correttamente zone morfologicamente complesse e non raggiungibili dall’operatore.





Fig. 2 – Sito di San Severo (loc. Classe, Ravenna). Visualizzazione in ambiente GIS degli elementi che costituiscono i paramenti interni del campanile, con indicazione dei diversi tipi di materiale (in bianco: il laterizio; in viola: la pietra).





Fig. 3 – Sito di San Severo (loc. Classe, Ravenna). Visualizzazione in ambiente GIS degli elementi che costituiscono i paramenti interni del campanile, con indicazione dei diversi tipi di materiale (in bianco: il laterizio; in viola: la pietra). Nell’immagine si apprezza il livello di dettaglio formale del modello: tutte le facce visibili di un elemento sono descritte con punti (scelti in corrispondenza degli angoli principali o delle discontinuità formali) collegati da linee curve o rette.



La sperimentazione ha coinvolto il campanile della basilica di San Severo (loc. Classe, Ravenna) e un pozzo venuto alla luce in occasione degli scavi del castello di Rontana (Brisighella, RA) (17). Nel primo caso i rilievi ottenuti sono stati collegati ad un database per ottenere in ambiente GIS viste tematiche, ad esempio la distribuzione dei tipi di materiale (figg. 2, 3) e le diverse fasi edilizie del monumento (figg. 4-6).





Fig. 4 – Sito di San Severo (loc. Classe, Ravenna). Visualizzazione in ambiente GIS degli elementi che costituiscono i paramenti interni del campanile, con indicazione delle diverse fasi edilizie (arancio: XII secolo; rosso: XVI secolo; grigio: degrado; blu: 1981-1991).





Fig. 5 – Sito di San Severo (loc. Classe, Ravenna). Visualizzazione in ambiente GIS degli elementi che costituiscono i paramenti interni del campanile, con indicazione delle diverse fasi edilizie (arancio: XII secolo; rosso: XVI secolo; grigio: degrado; blu: 1981-1991). Nell’immagine si apprezza la complessità dell’oggetto rilevato: i paramenti non sono assimilabili ad un piano ma caratterizzati da forti dislivelli e andamenti curvilinei.





Fig. 6 – Sito di San Severo (loc. Classe, Ravenna). Visualizzazione in ambiente GIS degli elementi che costituiscono i paramenti esterni (Nord-Ovest e Sud-Ovest) del campanile, con indicazione delle diverse fasi edilizie (arancio: XII secolo; rosso: XVI secolo; grigio: degrado; blu: 1981-1991).



Nel secondo caso i rilievi sono stati utilizzati come base per una ricostruzione ipotetica della struttura (fig. 7). La ricostruzione tiene in considerazione anche i risultati dell’analisi comparativa di altre strutture rinvenute nel sito e di quelle simili documentate nel territorio nazionale.





Fig. 7 – Castello di Rontana (Brisighella, RA). I resti di una struttura rinvenuta durante gli scavi e interpretata come pozzo, con la relativa ricostruzione ipotetica basata sul rilievo degli elementi.



Per valutare le potenzialità di questo sistema si sono selezionati, inoltre, contesti caratterizzati da una componente tridimensionale della forma molto accentuata: una bifora della pieve di San Cassiano in Decimo (loc. Campiano, Ravenna) (fig. 8) e una cordonatura del castello di Pianetto (Galeata, FC) (fig. 9). I risultati ottenuti sono da considerarsi, in termini di accuratezza (della misura) e contenuto informativo (della registrazione), del tutto soddisfacenti.





Fig. 8 – Pieve di San Cassiano in Decimo (loc. Campiano, Ravenna). Vista assonometrica di una bifora, ottenuta per fotomodellazione degli elementi.





Fig. 9 – Castello di Pianetto (Galeata, FC). Vista assonometrica di una cordonatura, ottenuta per fotomodellazione degli elementi.



5. Fotogrammetria stereoscopica e fotomodellazione: proposte di integrazione negli attuali standard di documentazione

Nell’attesa di poter allargare la sperimentazione ad altri contesti e di prolungarla per tutta la durata di uno scavo, si possono ipotizzare alcune variazioni agli attuali standard di documentazione, basate sull’impiego della fotomodellazione e della fotogrammetria stereoscopica, entrambe ottenute con PhotoModeler Scanner.

Quando si impiegano per il disegno di uno scheletro un doppio metro a stecca e la tecnica del rilievo per ascisse e ordinate può accadere di sospendere l’attività di scavo per oltre un’ora. Le ossa sono disegnate e quotate misurando sull’individuo la posizione di molti punti. Con una stazione totale vengono rilevati gli estremi della base di riferimento (materializzati a terra, ad esempio, da 2 tappi di bottiglia in plastica) e almeno 2 picchetti della quadrettatura generale. Per le quote si possono utilizzare un livello ottico o una stazione totale (fig. 10, procedura A). In questo caso, è possibile ridurre i tempi di esecuzione senza pregiudicare l’accuratezza della misura, introducendo alcune variazioni del metodo. La prima soluzione non cambia la natura del disegno (che resta manuale), ma permette di saltare completamente la fase di rilievo delle quote (fig. 10, procedura B). La seconda riduce ulteriormente i tempi, in quanto propone di realizzare al computer il rilievo (fig. 10, procedura C). La prima soluzione si basa sulla fotomodellazione (tre prese: una zenitale e due oblique), mediante la quale si può ottenere la quota di ogni punto visibile nelle tre foto. Nella pratica, in meno di mezz’ora è possibile materializzare a terra 6 punti di controllo (pdc), misurarne la posizione mediante stazione totale (almeno 3) ed eseguire le foto. La seconda soluzione è basata sul rilievo stereofotogrammetrico (quattro prese: una stereocoppia e due oblique), mediante il quale ottenere una ortofoto da utilizzare in laboratorio per la restituzione al CAD della pianta. In questo caso, è necessario materializzare sull’individuo altri punti in corrispondenza delle maggiori variazioni altimetriche. Seguendo questa procedura, le attività di scavo potrebbero riprendere dopo circa 30 min e il disegno, ottenuto al computer, sarebbe certamente più accurato. Ultima soluzione, la possibilità di produrre in tempi rapidi l’ortofoto e di utilizzarla come base per il disegno sul campo (fig. 10, procedura D).





Fig. 10 – Schema che illustra una delle procedure standard di documentazione delle sepolture ad inumazione (A) e le possibili alternative basate sull’uso di PhotoModeler (B, C, e D). Procedura A: dopo la tradizionale documentazione fotografica (collocando al centro della superficie la tavoletta, la palina, e la freccia che indica il Nord), si fissa a terra un doppio metro a stecca e lo si utilizza come base di riferimento per il disegno con la tecnica per ascisse e ordinate; per poter inserire il disegno nel sistema informativo dello scavo si misura con la stazione totale la posizione degli estremi della base di riferimento (cerchi bianchi in figura) e di due picchetti della quadrettatura generale; le quote vengono rilevate con la stadia e il livello ottico. Tre le alternative proposte. Procedura B: dopo il posizionamento a terra di 6 punti di controllo, si esegue il rilievo fotografico (tre prese) e, come da procedura standard, si effettua il disegno dello scheletro; con la stazione totale, si misura, infine, la posizione di almeno tre punti di controllo (pdc); le quote non vengono rilevate sul campo, ma si ottengono in laboratorio per fotomodellazione. Procedura C: dopo aver materializzato – in corrispondenza dei principali dislivelli – alcuni punti di controllo, si esegue il rilievo fotografico (quattro prese), si misura con la stazione totale la posizione di almeno tre punti di controllo e si prosegue immediatamente con lo scavo, salvo problemi ai dati acquisiti; il disegno non viene effettuato sul campo, ma al monitor sopra l’ortofoto. Procedura D: dopo aver stampato in scala l’ortofoto si sovrappone un foglio di poliestere e si procede con il disegno dal vero.



Quando si impiega un fotopiano, stampato in scala, come base per la caratterizzazione dei materiali e il disegno del perimetro di tutti i tipi di unità (strati terrosi, strutture, crolli, scheletri, tagli, ecc.) si pone il problema di come recuperare l’informazione tridimensionale ignorata, per sua natura, dalla fotogrammetria monoscopica (fig. 11, procedura A). Per soddisfare questa necessità, si propone di sostituire la presa singola con quattro prese (una stereocoppia e due oblique) e di utilizzare, quando si crederà opportuno, gli strumenti della fotogrammetria stereoscopica per il recupero delle informazioni sulla tridimensionalità dei contesti indagati, attraverso l’estrazione manuale di quote, la modellazione informatica della nuvola di punti (per ottenere superfici, sezioni e ortofoto) e la visualizzazione in ambiente GIS delle restituzioni grafiche (fig. 11, procedura B). Nella pratica, in meno di mezz’ora è possibile materializzare a terra i 6 punti di controllo necessari, misurarne la posizione mediante stazione totale (almeno 3) ed eseguire le foto. In questo caso, si può tralasciare completamente il rilievo sul campo delle quote, in quanto i dati sono forniti dal software. In seguito, si può elaborare il fotopiano (privato delle distorsioni introdotte dall’obiettivo) e lo si stampa in scala per utilizzarlo sul campo come base del disegno. La procedura conduce in ogni caso al disegno manuale di piante (quindi grafici a due dimensioni), ma in qualsiasi momento si può avviare il trattamento dei dati tridimensionali.





Fig. 11 – Schema che illustra la procedura standard di documentazione delle US basata sull’impiego del fotopiano (A) e una possibile alternativa basata sull’uso di PhotoModeler (B). Procedura A: dopo il rilievo fotografico (una presa), si misurano con la stazione totale le quote, la posizione dei punti di controllo (pdc) e di almeno due picchetti della quadrettatura generale; elaborato il fotopiano, lo si stampa in scala per annotare sul campo il perimetro delle unità stratigrafiche e i diversi materiali; in laboratorio, le annotazioni vengono, infine, riportate sul fotopiano digitale; il rilievo degli elementi (pietre, laterizi, ecc.) non viene realizzato sul campo, ma direttamente sul fotopiano digitale. Procedura B: dopo aver materializzato – in corrispondenza dei principali dislivelli – alcuni punti di controllo, si esegue il rilievo fotografico (quattro prese), si misura con la stazione totale la posizione di tre punti di controllo e di due picchetti della quadrettatura generale; le quote non vengono rilevate sul campo, ma si ottengono in laboratorio dal software; elaborato il fotopiano e completato il lavoro sul campo (così come avviene nella prima procedura) si può decidere di avviare il trattamento dei dati tridimensionali per ottenere il modello della superficie e l’ortofoto; il contenuto informativo di questi elaborati può essere incrementato sovrapponendo, in ambiente GIS, le annotazioni raccolte sul campo; all’occorrenza è possibile derivare dal modello profili di sezione, per mostrare la variazione dell’elevazione lungo alcune direzioni significative.



Quando gli elementi strutturali a vista nelle superfici orizzontali (es.: creste murarie, strade, pavimentazioni) sono molto numerosi o di particolare importanza (es.: a valenza decorativa), si può impiegare oltre mezz’ora per il loro rilevamento tradizionale (fig. 12, procedura A). Ciò dipende, ovviamente, dal numero elevato di punti misurati (con metodo diretto o con stazione totale), in base ai quali completare sul campo il disegno a mano libera. In questo caso, si propone di utilizzare la fotogrammetria per garantire una riduzione dei tempi di esecuzione del rilievo e soprattutto un maggiore contenuto informativo della registrazione: i dettagli e le proprietà fisico-ottiche delle superfici (indispensabili per una corretta analisi dei caratteri costruttivi delle strutture). Quando le superfici sono assimilabili ad un piano si propone la fotomodellazione (tre prese: una zenitale e due oblique), mediante la quale produrre un fotopiano (privato delle distorsioni introdotte dall’obiettivo) da utilizzare sul campo per la semplice caratterizzazione dei materiali e in laboratorio per la restituzione al CAD della pianta (fig. 12, procedura B). Quando invece le superfici orizzontali presentano forti dislivelli si propongono due soluzioni: 1) il rilievo stereofotogrammetrico (quattro prese: una stereocoppia e due oblique), mediante il quale ottenere una ortofoto da utilizzare sul campo per la caratterizzazione dei materiali e in laboratorio per la restituzione al CAD della pianta (fig. 12, procedura C); 2) la fotomodellazione (tre prese: una zenitale e due oblique), mediante la quale ottenere in laboratorio la posizione tridimensionale dei punti significativi e procedere al loro collegamento per la restituzione 3d delle forme (fig. 12, procedura D). Con le procedure B, C e D gli unici punti da rilevare sul campo sono i punti di controllo e almeno due picchetti della quadrettatura generale, mentre si tralascia completamente la misura delle quote, in quanto i dati sono forniti dal software.




Fig. 12 – Schema che illustra una delle procedure standard di documentazione degli elementi strutturali a vista nelle superfici orizzontali (es.: creste murarie, strade, pavimentazioni) (A) e le possibili alternative basate sull’uso di PhotoModeler (B, C, e D). Procedura A: dopo la tradizionale documentazione fotografica (collocando al centro della superficie la tavoletta, la palina, e la freccia che indica il Nord) si misura con la stazione totale la posizione dei punti utili per la rappresentazione formale degli elementi e almeno due picchetti della quadrettatura generale; in laboratorio si stampa in scala la distribuzione dei punti e contemporaneamente si esegue sul campo uno schizzo della struttura con indicazione dei punti che si intende quotare; con un livello ottico si rilevano le quote; si sovrappone un foglio di poliestere alla stampa e si procede con il disegno dal vero di ogni elemento. Tre le alternative proposte. Procedura B (valida per superfici assimilabili ad un piano): dopo il posizionamento a terra di 6 punti di controllo (pdc), si esegue il rilievo fotografico (tre prese) e la misurazione, con la stazione totale, di 3 pdc; si elabora, quindi, il fotopiano e lo si stampa in scala per annotare sul campo l’ingombro delle strutture e i diversi tipi di materiale; le quote non vengono rilevate sul campo, ma si ottengono in laboratorio dal software; il rilievo dei singoli elementi non viene realizzato sul campo, ma direttamente sul fotopiano digitale. Procedura C (valida per superfici non assimilabili ad un piano): differisce dalla procedura B nel numero di punti di controllo, nel numero di prese (quattro invece di tre) e nel tipo di supporto per la registrazione dei dati (l’ortofoto invece del fotopiano). Procedura D (valida per superfici non assimilabili ad un piano): differisce dalla procedura B nella mancanza totale di osservazioni sul campo (l’individuazione dei materiali e rilievo degli elementi si svolge in laboratorio) e nel tipo di restituzione grafica della forma degli elementi (tridimensionale e ottenuta per fotomodellazione).



Per il rilievo degli elementi strutturali a vista nelle superfici verticali dei paramenti sono già ampiamente utilizzati i fotopiani, sia per gli interi prospetti che per i campioni (18). Quando le superfici sono assimilabili ad un piano e raggiungibili dall’operatore, è possibile adottare una procedura basata sulla fotomodellazione (tre prese: una frontale e due oblique) che non necessita di scomode cornici graduate o costosi strumenti di precisione ma garantisce la possibilità di effettuare una corretta restituzione fotografica. Questa procedura non conduce alla realizzazione di semplici fotopiani, ma ad immagini ottenute per raddrizzamento (19) differenziale selettivo. In altre parole è possibile definire manualmente più piani da sottoporre alla procedura di raddrizzamento. Quando invece le superfici verticali non sono piane e presentano forti dislivelli si suggeriscono le soluzioni già descritte per quelle orizzontali (v. il lavoro svolto nei siti di San Severo e Rontana).



6. Conclusioni

L’impiego del documento fotogrammetrico, come base del disegno archeologico, offre vantaggi in termini di contenuto informativo della registrazione, rapidità di esecuzione e accuratezza della misura. PhotoModeler Scanner permette di ottenere con facilità questo tipo di documentazione, ed inoltre, consente l’acquisizione e la modellazione del dato tridimensionale al pari di altri sistemi stereofotogrammetrici o dei dispositivi per la scansione laser, sebbene abbia un costo decisamente inferiore.



Note

1  Tutte le esperienze rientrano nelle attività promosse dal Laboratorio di Archeologia dell’Architettura (Università di Bologna, Dipartimento di Archeologia – Sede di Ravenna, http://www2.unibo.it/Archeologia/ArcMed/forum.htm oppure http://www.delfo.forli-cesena.it/palmezzano/lab_aa/), coordinato da chi scrive. Per il sito di Mursia il gruppo di lavoro è composto da: Nunzia Larosa, Riccardo Ricci e Alberto Urcia; il castello di Rontana: Sara Bini, Massimiliano Montanari, Debora Pellacchia, Massimo Sericola, Alberto Urcia; il sito di San Severo: Sara Bini, Nunzia Larosa, Massimiliano Montanari, Marco Orlandi, Alberto Urcia; la pieve di San Cassiano in Decimo: Massimo Sericola; il castello di Pianetto: Anna Giaretta, Enrica Giorgioni.


2    Per il metodo di documentazione grafica dello scavo v. Carandini 2000, pp. 99-134; Medri 2003.


3    Sugli strumenti per il rilievo diretto e indiretto v. Docci, Maestri 1994, capitoli III, IV, VII.


4    In questo caso, il metodo di documentazione prevede la creazione di un fotopiano che viene stampato in scala e utilizzato come base per la caratterizzazione dei materiali e il disegno del perimetro delle unità stratigrafiche. Su questo metodo v. Candelato et alii 2002; Cattani 2003.


5    Sul ruolo della modellazione tridimensionale in archeologia v. Barceló 2002; Barceló et alii 2003; Barceló, Vicente 2004; Borra 2000; Casu 2002; Casu et alii 2002; Cattani et alii 2004; Daniels 1997; Forte 1999, pp. 120-137; Gottarelli 1995; Laurenza, Putzolu 2004; Nigro et alii 2002.


6    Per il principio a cui si ispira la metodologia di rilievo stereofotogrammetrico v. Bianchini 2001; Romeo 2002; Fondelli 1992. Per il funzionamento dei dispositivi laser scanner 3d v. Gaiani 2001; Balzani 2001; Peloso 2005; Scopigno 2006.


7    Per quanto riguarda la stereofotogrammetria, utili indicazioni sono fornite da Philip Barker nel suo manuale (Barker 2003, pp. 209-212). L’archeologo, individuando le situazioni più adatte, sottolinea la possibilità di ottenere una documentazione rapida e accurata degli strati utilizzando la fotografia stereoscopica stampata in scala come base del disegno interpretativo.


8    Per la documentazione dello scavo mediante dispositivo laser scanner 3d v. De Felice et alii c.s.; Peripimeno 2006; Peripimeno 2006a. Per la documentazione dello scavo mediante fotogrammetria stereoscopica v. Fiorini 2007a.


9    Restituzioni grafiche tridimensionali dei paramenti murari compaiono in Bitelli et alii 2006; Fiorini 2004a, p. 77. Restituzioni grafiche tridimensionali delle US e dei singoli elementi costruttivi compaiono in Azkarate Garai-Olaun 2002, p. 66; Bini, Verdiani 2006, tav. XVII; Caballero et alii 2003, p. 71; Cámara, Latorre 2003, pp. 92-93, 96; Bogdani et alii 2007, p. 30; Haggrén et alii 2005.


10    Per alcuni esempi v. Fiorini 2005.


11  Sono in via di sviluppo, ad esempio, strumenti e metodi per la ricostruzione volumetrica di strati archeologici oppure per l’analisi, in ambiente tridimensionale, delle relazioni topologiche e spaziali. Su questi argomenti v. Cattani et alii 2004; Cattani, Fiorini 2004, pp. 333-336.


12  Direttore della missione archeologica è il prof. Maurizio Cattani del Dipartimento di Archeologia dell’Università di Bologna.


13  Attorno alla struttura, in corrispondenza del piano di calpestio, si sono collocati 4 semplici tappi di bottiglia in plastica. Sulla struttura si sono invece applicati piccolissimi dischi di plastilina (diametro cm 1 ca.), con al centro sfere (diametro mm 0,4) in plastica dura (perline per la decorazione di tessuti). Nel terreno, al centro della struttura, si sono inseriti piccoli chiodi.


14     Cfr. il sistema presentato in Salonia et alii 2004.


15    In dettaglio, la fase di prima elaborazione dei dati fotografici (scaricamento, conversione dai formati RAW a JPG, selezione e inserimento delle foto all’interno di apposite cartelle) è durata 10 min ca. Un tempo analogo è stato dedicato al trattamento dei dati acquisiti con la stazione totale. Due i file prodotti: il primo, di tipo testo, contenente le coordinate spaziali relative alla posizione dei tappi di bottiglia e il secondo, di tipo vettoriale (con estensione DXF), per il controllo immediato dei dati in qualsiasi software CAD.


16    Quando il valore è inferiore a 1 i dati del modello (compresi i parametri della macchina fotografica) sono buoni e la marcatura dei punti di controllo è più precisa di quella attesa dal programma. Nel caso specifico, il valore ottenuto è stato 0,451, ulteriormente abbassato ritoccando la posizione di alcuni Marked Point. Il valore è stato, infine, portato a 0,414 grazie al processo di “idealizzazione del progetto” (Idealize Project), ovvero di rimozione dalle foto delle distorsioni introdotte dall’obiettivo della fotocamera.


17    Per la storia costruttiva del campanile v. Fiorini 2007.


18    Per gli attuali sistemi di documentazione archeologica dell’elevato v. Fiorini 2004a, 2004b, 2005; Parenti 2004.


19    Per campioni di m 2 di lato si applicano sul muro piccolissimi dischi di plastilina (diametro cm 1 ca.), con al centro sfere (diametro mm 0,4) in plastica dura (perline per la decorazione di tessuti). La loro posizione deve corrispondere approssimativamente ai vertici di un quadrato di lato m 2,3 ca. L’ortogonalità tra i lati non è richiesta e quindi basta una rotella metrica per eseguire questa operazione. Il lavoro prosegue con l’applicazione di altri 4 dischi all’interno del quadrato (2 sull’orizzontale e 2 sulla verticale). Per questa operazione si utilizza una riga graduata in alluminio munita di doppia bolla. Le distanze tra i 4 dischi sono annotate su una apposita scheda, nella quale si realizza anche un rapido schizzo di tutti i punti di controllo. Con l’ausilio di una fotocamera (corredata di certificato di calibrazione) si effettuano 3 prese fotografiche ad una distanza di m 3 ca.: una frontale e due oblique. Il fotopiano viene elaborato con PhotoModeler e importato nel CAD per la messa in scala, il taglio alle dimensioni prestabilite (m 2x2) e il disegno degli elementi. Con questo sistema la differenza tra la rappresentazione (il modello) e la realtà non supera i mm 3 o 4. La prova può essere fatta confrontando le distanze reali esistenti tra i dischi con quelle misurabili sul fotopiano.



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Andrea Fiorini - October 2009 - Architectural Image-Based Modeling Web Portal

 

Esperienze di fotomodellazione e

stereofotogrammetria archeologica


Andrea Fiorini,

Laboratorio di Archeologia dell’Architettura
Dipartimento di Archeologia (sede di Ravenna) - Università di Bologna


e-mail  : andrea.fiorini2@studio.unibo.it

website  : http://www.delfo.forli-cesena.it/palmezzano/lab_aa/